Dalla raccolta delle storie agli ambienti virtuali


Con il progetto STEPs ci proponiamo di sperimentare un metodo - lo storytelling - e l’uso di una tecnologia sperimentale e innovativa nei contesti penitenziari e di valutarne l’efficacia nelle attività didattiche dei corsi del CPIA 1. 
Il nostro obiettivo è il miglioramento dei processi di sviluppo personale, di orientamento, di restituzione sociale delle persone in stato di detenzione.  
Nello storytelling cerchiamo dei racconti di esperienze che descrivono come nasce il reato, in quali contesti, ambienti, mentalità, cultura, aspettative si è compiuto; indaghiamo su come viene vissuta la presente condizione di detenzione e come ci si dispone alla durata e poi alla fine della pena e al rientro in società.  
In questa prima fase del progetto stiamo raccogliendo storie vere, raccontate e trascritte direttamente con il/la protagonista in un set relazionale regolato, di persone detenute o ex detenute semi libere, che partecipano di attività scolastiche del CPIA1 e della sua rete di servizio.
In una seconda fase rielaboreremo le storie vere in forma anonima per trasformarle in modelli, con i quali saranno poi allestiti gli ambienti digitali che serviranno a sostenere i processi di cambiamento di sviluppo personale e di riprogettazione attesi.
Quindi, nel secondo anno del progetto, probabilmente con persone diverse da quante hanno raccontato la propria storia, sperimenteremo gli ambienti digitali, la loro efficacia e il metodo e lo valuteremo.

Mi chiedo: ma un'indagine sistematica sulle storie tipiche con un campione maggiormente rappresentativo non potrebbe forse costituire una specie di repertorio, per orientare interventi e politiche sociali di prevenzione di educazione alla legalità?


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