LA CATTEDRA UNESCO DI RICERCA APPLICATA PER L’EDUCAZIONE IN PRIGIONE


In questi primi mesi del progetto STEPs, all'interno del gruppo di ricerca stiamo lavorando alla selezione di esperienze educative realizzate nei contesti scolastici carcerari di tutto il mondo. Singolarmente individuiamo pratiche, progetti, esempi di didattiche che riteniamo innovativi, e poi, all'interno di sessioni collettive, passiamo al vaglio le scelte effettuate, confrontando e analizzando le esperienze raccolte, con l'obiettivo di rendere esplicita la significatività, o meglio, il portato specifico di innovazione in esse riscontrato.
Nella ricerca non mancano le difficoltà: si rivela spesso non semplice reperire informazioni su quanto avviene nelle scuole in prigione, in particolare in alcune regioni del mondo, così come non sempre è possibile risalire a documentazioni dettagliate delle esperienze che ci sembrano più interessanti.
Il confronto che avviene all'interno delle sessioni collettive diventa quindi un momento estremamente importante per poter elaborare ed eventualmente valorizzare le preziose tracce raccolte: riconosciamo similitudini, differenze, tendenze globali, ragioniamo insieme sul ruolo dei contesti istituzionali, delle storie locali e nazionali, delle correnti pedagogiche, degli enti privati, ecc.
Queste sessioni poi si animano talvolta in vivaci arene di discussione intorno allo sforzo di rendere esplicito cosa possa voler dire "innovazione" nell'educazione in carcere: il concetto di "innovazione" in ognuno di noi attiva l'attenzione a determinati aspetti piuttosto che ad altri, spinge a selezionare esperienze educative invece di altre, ed è dunque fondamentale, nel momento della sintesi condivisa, rendere il più possibile manifeste le motivazioni delle singole scelte.

Per una sorta di stato dell'arte dell'educazione in carcere e delle sue innovazioni, un'iniziativa a cui riferirsi, allora, può forse essere la Cattedra Unesco di ricerca applicata per l’educazione in prigione, promossa presso l’istituto Cégep Marie-Victorin (Québec, Canada) ed attiva dal 2011 al 2019.
Cos’è una Cattedra Unesco?
Si tratta di un programma, quadriennale e rinnovabile, che “promuove la collaborazione internazionale interuniversitaria e l’organizzazione in rete per rilanciare le capacità istituzionali attraverso la condivisione di conoscenze e il lavoro collaborativo”.
Nello specifico, questo programma, attivato per la prima volta presso un istituto superiore, punta a “promuovere, stimolare e incoraggiare la ricerca applicata relativa ai diversi aspetti dell’educazione in carcere, e di intensificare la riflessione e le azioni in materia sul piano internazionale”.

La Cattedra Unesco presso il Cégep Marie-Victorin ci può essere di aiuto per diversi motivi.
Anzitutto, perché il suo sito web (multilingue) offre una vasta documentazione, con articoli, report, video, bibliografie e sitografie che consentono l’accesso ad un corpus di studi e ad esperienze formative ed educative realizzate in tutto il mondo: una sorta di preziosa finestra aperta sull'educazione in prigione, in cui, con le debite proporzioni, balena il nostro stesso stesso progetto di ricerca all'interno del gruppo STEPs.
In secondo luogo, perché attraverso la Cattedra Unesco emerge una “comunità di interesse” estremamente estesa e composita, a carattere non solo istituzionale: professori, ricercatori, studenti, educatori, amministratori di istituti penitenziari, ma anche ONG, semplici volontari, associazioni educative private, oltre che riviste e forum di settore.

Infine, è di interesse per noi anche l’istituto presso cui la Cattedra Unesco è stata attivata, il Cégep Marie-Victorin: una scuola superiore che, all'interno di tre strutture detentive del Québec, offre diverse tipologie di corsi per diplomi, ma anche interessanti «programmi non formali» concepiti per incontrare le esigenze degli studenti detenuti, quali ad esempio la «preparazione all’uscita» e l'«accompagnamento in comunità».
La navigazione nel sito della Cattedra Unesco offre molti spunti, anche se rischia di essere lunga e non sempre fruttuosa (ufficialmente il progetto ha funzionato dal 2011 al 2019, e diversi link sono inattivi).
Qualche esempio?
Il racconto di un’esperienza didattica, per iniziare.
Come quella di Line Gagné, premiata dalla stessa Cattedra Unesco nell’edizione 2017 del concorso dedicato alle innovazioni pedagogiche realizzate in carcere. 
Line Gagné ha tenuto un corso di critica cinematografica presso il penitenziario di Percé, una struttura per crimini di tipo sessuale che fornisce ai detenuti anche un percorso di assistenza terapeutica. Per supportare il lavoro sul sé, oltre che per rafforzare le competenze linguistiche, il corso di Gagné ha affiancato la visione di alcuni film alla scrittura di testi dove la critica e la riflessione personale erano strettamente intrecciati: per ogni film infatti la docente ha indicato la tematica generale da sviluppare nella scheda critica (ad es., resilienza, comunicazione, famiglia, eCc.), per dar modo agli studenti di ancorare il giudizio sull’opera anche eventualmente alle esperienze vissute. In questo modo, attraverso un'analisi critica guidata, l'esercizio di scrittura ha coinvolto l'uso di diversi registri, ed è stato occasione di apertura all'introspezione e alla narrazione del sé.

E poi, ancora da segnalare, il libro "College in Prison: Reading in age of mass incarceration" (2017), di Daniel Karpowitz, professore del Bard Institute, tra gli animatori del progetto Bard Prison Initiative, un progetto che sin dal 2001 permette ai detenuti dello Stato di New York di seguire gratuitamente dei corsi universitari in carcere. D
i università in prigione abbiamo letto e discusso molto in queste settimane, specie per quanto riguarda esempi provenienti dal contesto nord-americano: questo testo di Karpowitz, oltre alla cronaca e all’analisi di un progetto specifico e tra i più acclamati degli Stati Uniti, ci illumina in particolare sulle procedure di selezione degli studenti, così come sulle traiettorie di vita di alcuni di essi.

Infine, una lettura un po’ più tecnica.
Come ad esempio, il rapporto delle Nazioni Unite Roadmap for the Development of Prison-based Rehabilitation Programmes. Da sottolineare due osservazioni-raccomandazioni presenti in questo testo: distance learning (apprendimento a distanza) e peer-learning (apprendimento tra pari) emergono quali metodologie didattiche d'elezione dell'educazione in carcere, fortemente consigliate specie nel caso di carceri grandi e sovraffollate; d'altro canto, la collaborazione con le università, ma anche quella con ONG, volontari ed enti educativi privati, viene considerato come uno dei più proficui vettori di reinserimento sociale e lavorativo.

Se non tutti i link del sito sono attivi, i bollettini informativi pubblicati periodicamente dalla Cattedra Unesco presso il Cégep Marie-Victorin sono invece disponibili e ricchi di tracce di esperienze educative: si tratta solo di indizi talvolta, che però contribuiscono a non disperdere del tutto il prezioso lavoro di recupero e documentazione di quanto avviene nelle scuole in carcere.

In uno degli ultimi bollettini pubblicati troviamo l'appello, rivolto a insegnanti e studenti in prigione, per la raccolta delle loro testimonianze, così come l’annuncio del primo Congresso internazionale sull’educazione in prigione da tenersi a Montreal nel 2019.
Mentre scrivo a queste proposte non corrispondono ancora riscontri sul web, ma restiamo in attesa di queste e altre iniziative che possano contribuire a superare la separatezza imposta dalle condizioni stesse della detenzione.

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