STORIE: primi passi

Le attività individualizzate finalizzate alla raccolta delle storie sono iniziate a gennaio 2019 e fin da subito abbiamo cominciato a riflettere su alcuni argomenti, in particolare ci occorrevano uno spazio e un tempo protetto da interruzioni. Ma non è facile trovarli a scuola e tanto meno in carcere, dove altre priorità frammentano necessariamente le lezioni. Qualche volta è stato necessario restare con le persone in orari inconsueti; oppure con le ex studentesse, che non frequentano più la scuola interna all'Istituto Penitenziario e che hanno misure di custodia attenuata, stabiliamo un calendario di incontri presso le proprie strutture abitative o in spazi all'aperto come parchi o giardini o altri luoghi accoglienti.

Quindi capivamo che era necessario selezionare un campione di narratori o narratrici con cui c'era già una relazione educativa basata sulla reciproca fiducia e riconoscimento, autentica, forte e esplicita e che il contenitore sarebbe stato un'attività individualizzata e separata, limitata di volta in volta ad un set di due persone: una che parla e una che ascolta e fa domande.

Capita infatti che i detenuti, già nei primi contatti, quando ancora non si è stabilita una relazione vera e propria, esprimano con forza il desiderio di raccontare la ragione per cui sono in prigione, e confidino storie un po' improbabili, o non realistiche, in cui emerge fortissimo il desiderio di accattivarsi simpatie, ma anche la necessità di discolparsi e la possibilità di esprimere il senso di ingiustizia che ciascuno crede soggettivamente di aver vissuto quando non è in grado di assumersi responsabilità. Emerge però anche lo sforzo titanico di costruire una auto-narrazione veritiera e credibile, necessaria per definirsi e drammaticamente diversa da quella che polizia e magistratura vanno compiendo intorno al reato di cui si è stati accusati e condannati.

Nel gruppo dei docenti che raccolgono le storie riflettiamo sulla verità e se ci sia utile cercarla nelle storie dei reati che le persone ci confidano.
Capiamo che per noi in questa fase poco importa dello statuto di verità di quanto narrato, mentre è cruciale che chi narra ci creda e che siano autentiche non le vicende, ma le relazioni che da quel racconto in poi vengono instaurate, e così anche per noi che ascoltiamo. E poi tutte le storie sono necessarie e dunque vere, come insegna Sherazade...

Aiuta noi docenti ricordare che in STEPs non cerchiamo la biografia, il racconto di tutta la vita della persona ristretta, ma circoscriviamo il campo al reato e al contesto dove e come è nato, ai pensieri, illusioni e desideri in cui è maturato, alle emozioni, e a come si dispone al presente e al futuro alla riabilitazione. Ricorderemo alla persona ristretta che non deve raccontare tutto, e non è una confessione, ma al contrario è lei a decidere sempre cosa e come narrare.
Del resto noi sappiamo come ogni storia rimandi e riveli sempre il narratore.

Durante il primo incontro, condividiamo con ciascuna la motivazione del progetto, l’impegno reciproco a non giudicare/si, i confini da non oltrepassare, la garanzia di anonimato rispetto ai testi che verranno utilizzati in STEPs, le forme e i modi della co-scrittura.
Negli incontri successivi la storia prende vita nuova in un continuo rilancio dove sono le domande poste dal docente a permettere alla storia di nascere. Con alcune persone il/la docente si limita a prendere appunti e a lasciare scorrere senza interruzioni quel primo racconto torrenziale e necessario che viene detto tutto d'un fiato. Con altre il racconto è interrotto e reticente e fatti che ancora dolgono impediscono le parole: il/la docente allora, va incontro al narratore o narratrice, con domande e segnali di rinforzo, parla di sé ponendo attenzione su elementi di corrispondenza e reciprocità.

Raccontarsi e dire ad un altro la propria storia costituisce il primo passo verso la presa di coscienza, la voglia di cambiamento e la ricerca di una strada migliore di quella già percorsa.
Pian piano la storia trova la sua forma scritta.
Studente e insegnante sono coinvolti entrambi in un attento processo di scrittura e riscrittura con il/la detenuta, dall'oralità del flusso narrativo narrazione procediamo ad una prima trascrizione, attraverso varie revisioni e nuove scritture, fino a completarne la stesura.
Appare quindi una prima storia narrata, scritta, del tutto personale, della quale chi racconta resta a tutti gli effetti protagonista, proprietario e autore.

All'inizio, per alcune, è di ristoro rievocare momenti sereni del passato: così è stato per chi aveva fatto esami di licenza media e corsi di lingua e già stava con noi a scuola, ma in generale non è così e il ricordare implica momenti dolorosi e di sofferenza, nei quali il ruolo del mentore è cruciale nell'offrire spazi e visioni alternative alla disperazione e alla chiusura interiore, a valorizzare quanto e come viene detto.

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